omelia del Vescovo Oscar Cantoni

Presentazione del Signore al Tempio 2-02-2017

 

 

Presentazione del Signore al Tempio

2 febbraio 2017 

 

E’ la festa di tutto il popolo di Dio, che sull’esempio del santo vecchio Simeone e della profetessa Anna, riconosce in Gesù, condotto al tempio da Maria e Giuseppe, la luce che a partire da Israele si rivela alle genti, una luce destinata a diffondersi a tutti gli uomini della terra, in ogni tempo della storia.

Attraverso il volto di un bambino, povero e umile, all’interno di una famiglia modesta, Dio padre, senza spettacolarità, offre all’umanità il suo dono più grande: il suo figlio Gesù Cristo, nato da Maria, amorosamente custodito da Giuseppe.
Solo i semplici e i timorati di Dio, come i due santi vegliardi Simeone ed Anna, sanno riconoscere nella semplicità del bambino la salvezza, destinata al mondo intero.
Illuminato dallo Spirito Santo, Simeone profetizza i “tratti costosi” che caratterizzeranno la vita di questo bambino, attraverso le ostilità e la persecuzione, e lo definisce “segno di contraddizione”, a cui sarà associata anche sua madre, che accoglie con stupore e tremore quanto la riguarda: “anche a te una spada trafiggerà l’anima”. Tutti gli uomini, nel corso della loro esistenza, dovranno manifestarsi pro o contro Gesù.
Tra quanti seguono il Signore, condividendo la sua strada di fedeltà al Padre e di umile servizio presso i fratelli, questa sera ricordiamo in particolare i membri della Vita Consacrata, uomini e donne, che dentro una varietà di carismi e di varie forme di vita, tutte emergenti dal Battesimo, riconoscono in Gesù l’Amato del loro cuore e lo seguono “con cuore indiviso”.
Oggi la Chiesa prega in modo speciale per loro e noi tutti siamo pieni di stima, di affetto e di gratitudine per il “segno” che essi sono davanti a tutto il popolo di Dio e per il dono della loro vita, a disposizione della Chiesa e in particolare dei fratelli più poveri e fragili, nella vita attiva e contemplativa, nella pastorale della Chiesa locale, nel servizio al mondo, nella assunzione di compiti specifici all’interno della società, in una presenza missionaria, fino agli estremi confini della terra.
La paternità del vescovo si manifesta in una vigilanza attenta perché non solo sia compreso il dono della vita consacrata da parte dei credenti, ma anche perché tutti i consacrati e le consacrate sappiano custodire, proteggere e promuovere ulteriormente ciò che maggiormente li caratterizza.
Sappiamo quanto sia compromesso per i nostri contemporanei il valore della fedeltà, difficilmente vissuta come fondante l’intera esistenza, perché immersi nella cultura del frammento e del provvisorio.
Anche nella vita consacrata la fedeltà può subire facili contraccolpi, non tanto perché irrisa o non recepita dottrinalmente, ma per un progressivo e quasi impercettibile venir meno nel tempo dello slancio iniziale, causa il logoramento dell’abitudine, la smentita dei progetti personali, le possibili incomprensioni dell’ambiente di vita o dell’autorità, il facile deterioramento dei rapporti con i confratelli e le consorelle per mancanza di una vera fraternità che invece è indispensabile per ogni forma di vita consacrata.
La grazia degli inizi subisce certo una lenta e necessaria purificazione. Essa via via è aperta a delle variazioni per una vita che si presenta spesso come ripetitiva: e ciò può causare una perdita di slancio. Come pure il constatare che il proprio corpo subisce i ritmi dell’età può facilmente generare inquietudine. La fedeltà è messa alla prova anche quando il rarefarsi di risposte vocazionali nella medesima scelta di vita suscita allarmismo o scoraggiamento.
Le infedeltà non sono, per la maggior parte dei casi, frutto di grandi cedimenti, ma causate da un progressivo venir meno di un “santo zelo”, certo non adolescenziale, che pure deve rimotivarsi con

il crescere dell’età. Le piccole infedeltà quotidiane a poco a poco rallentano le motivazioni iniziali e attutiscono quello slancio ideale che costituisce la grazia degli inizi.
Quando un consacrato/a ravvisa un indebolimento delle risorse spirituali che rendono più faticoso il cammino e meno autentica la sua testimonianza, è il momento di confidare maggiormente nella fedeltà del Signore, che allieta tutte le età della vita, anzi ravviva la giovinezza di chi gli si è donato [Ad Deum qui laetificat iuventutem meam” (Salmo)] e permette che non venga mai meno la gioia e la pace quale frutto dell’ avergli donato un giorno e per sempre il proprio cuore.
Vorrei che ciascuno, sostenuto dalla forza dello Spirito Santo, fosse in grado, con l’aiuto di altri fratelli e sorelle, di far trasparire sul suo volto brillante una gioia innocente, una letizia disarmante, una semplicità che non cerca ulteriori conferme o consensi umani. E’ il fuoco della vita spirituale, come dice Papa Francesco, che sempre acceso, come un roveto ardente, riscalda e illumina i fratelli e le sorelle, che trovano nei consacrati e nelle consacrate la prova più vera della fedeltà di Dio nella storia degli uomini.
Cari consacrati e consacrate: Vi auguro che possiate contagiare le nostre Comunità, e soprattutto i giovani, della gioia del Vangelo ed offrire nello stesso tempo una eloquente e gioiosa testimonianza di vita accanto ai poveri e ai feriti della vita. In questo modo la fiamma della vostra vocazione non verrà meno!

+ Oscar Cantoni, Vescovo