2° RITIRO CON CATERINA OSTINELLI

 

10 febbraio 2024

RUT E NOEMI, LA FORZA DELLE DONNE

 

Uno dei libri più corti del Primo Testamento, il libro di Rut, racconta una bella storia di riscatto e di amore in cui sorprendentemente le donne sono vere protagoniste: spesso le sole attrici sulla scena, ma soprattutto fautrici del loro destino. Il libro è intitolato a Rut, ma in realtà la sua storia dall’inizio alla fine è inseparabile da quella di Noemi sua suocera. Il loro legame nasce per caso, a seguito delle vicende della vita, ma poi, soprattutto grazie a Rut, diventa una bellissima storia di amicizia che trasforma una storia familiare qualsiasi, iniziata male, in una meravigliosa tappa della storia salvifica divina.

1. MEDITAZIONE SUL TESTO BIBLICO

a) I viaggi della speranza (Rut 1)
 Primo viaggio migratorio: la famiglia di Elimelec e Noemi da Betlemme alla terra di Moab
 Secondo viaggio migratorio: Noemi e Rut dalla terra di Moab a Betlemme
 La convivenza tra etnie e culture diverse non è un’utopia

b) Noemi (1, 8-14)
 Una suocera speciale a cui le nuore sono molto affezionate
 Noemi scioglie le nuore dal vincolo familiare, segno di un amore libero e gratuito
 Solo relazioni libere e liberanti generano futuro

c) Orpa e Rut
 Due nuore con una vita parallela fino alla svolta finale (1,14)
 Orpa (= nuca) sceglie la via più ragionevole: tornare indietro, rifacendosi una vita dentro il proprio contesto culturale e tradizionale.
 Rut (= amica) “si attacca” (= dabaq) a Noemi, lasciandosi alle spalle il “suo” mondo etnico-culturale-religioso: scelta molto coraggiosa e controcorrente
 Rut investe tutta la sua vita nella relazione amicale-fraterna: un amore fedele è garanzia di futuro
 Chi ama non teme l’altro, il diverso, il nuovo, un mondo estraneo…

d) Rut e Booz (Rut 2)
 Il diritto a spigolare (Lev 19,9-10; Dt 24,19-22)
 Rut si sente “straniera” (“nokryyah”), ma per Booz è “una povera di Jhwh”
 Attraverso Booz Rut tocca con mano la Provvidenza divina

e) Noemi e Rut (Rut 3-4)
 La legge ebraica del riscatto e/o del levirato (Dt 25,5-10)

 Noemi cerca il bene di Rut e Rut il bene di Noemi: in un’amicizia vera e fedele il bene diventa un regalo reciproco e inaspettato!
 Rut sparisce dalla scena a favore di Noemi
 Il figlio Obed (=servo) riflette il volto dell’amore di Rut: “serva” di Noemi e di Jhwh
 Rut è figura profetica di Maria e delle vergini: capace di vivere una “sponsalità altra”

f) Dio
 Più volte citato, appare sulla scena solo all’ultimo (4,13)
 All’inizio Noemi (= mia dolcezza) si cambia il nome in Mara (= amareggiata), perché si sente abbandonata, tradita dal Signore (1,20)
 Dio, “assente” per Noemi, in realtà è presente anonimamente nell’agire di Rut e di Booz, fino a diventare protagonista esplicito nella maternità di Rut

 Lo stile pedagogico di Dio dell’”andirivieni”: se Dio abbandona poi ritorna e non lascia senza consolazione.

 

2. TESTI PER LA RIFLESSIONE PERSONALE

«Carissima Rut, qualcuno potrebbe dire che, a proposito di immigrati, la tua vicenda non fa testo, perché essendosi conclusa con la fatidica frase “e vissero felici e contenti”, sembra appartenere più al genere delle telenovele che ai resoconti del telegiornale… Io, invece, penso che nelle pieghe della tua avventura possiamo leggere il giudizio di Dio su questa impressionante transumanza di gente alla deriva. La tua storia, insomma, ci interpella non solo con la forza esemplare del paradigma, ma anche con la sollecitazione di risposte intelligenti di fronte al fenomeno della presenza degli stranieri nel nostro territorio. Anzitutto, ci dice che la fusione di etnie diverse è possibile: anzi, appartiene a quel pacco di progetti che costituiscono la sfida più drammatica per la sopravvivenza della nostra civiltà. La comunicazione con le culture ‘altre’, insomma, non è un’utopia, né uno sterile sospiro di sognatori (…) In secondo luogo, la tua storia ci provoca a vincere gli istinti xenofobi che ci dormono dentro. Che si ammantano di ragioni patriottiche, che scatenano, all’interno delle nostre raffinatissime città, inqualificabili atteggiamenti di rifiuto, di discriminazione, di violenza, di razzismo. E che implorano dalle istituzioni, con martellante coralità, rigorosi provvedimenti di forza. Siamo vittime di una insopportabile prudenza, e scorgiamo sempre angoscianti minacce dietro l’angolo. Perché lo straniero mette in crisi sostanzialmente due cose: la nostra sicurezza e la nostra identità. Ebbene la tua storia ci fa capire che la segregazione è la risposta più sbagliata al problema razziale, così come rappresenta una iattura simmetrica il tentativo di voler assorbire nelle stratificazioni della nostra cultura i tratti emergenti della “diversità” altrui, senza lasciarne neppure traccia. Solo la progressiva intersezione di aree di valori sarà capace di creare il terreno, calcando il quale, nessuno debba sentirsi in esilio. Grazie Rut, per questo tuo incredibile messaggio di universalità che lasci cadere dai tuoi covoni».

A.BELLO, Ad Abramo e alla sua discendenza, Ed La Meridiana, 1992, pp. 160-162

 

La libertà non è un possesso, ma un rapporto; non è fatta di confini tra il mio e il tuo, ma dalla capacità di liberarci a vicenda, perché le relazioni non sono mai simmetriche: uno è più timido, l’altro più intraprendente; uno più sano, uno più malato; uno più determinato, uno più remissivo; uno più paziente, l’altro intransigente, ecc… Queste differenze rischiano di diventare discriminazioni, ma anche di creare dipendenze. (…)
Compito degli educatori non è di farsi obbedire, ma di far fiorire. Tutte noi consacrate non siamo zittelle, ma “madri” chiamate a generare, ma si può generare solo nella relazione e nella libertà. Le nostre comunità possono fiorire e rigenerarsi continuamente, in forme nuove e inedite, solo se si vivono all’interno delle relazioni autentiche e libere, perché non si genera mai da soli, e perché solo la libertà è creativa, fa nascere qualcosa di nuovo, di diverso, di unico… Nei rapporti di dipendenza al massimo si replica, si duplica, ma non ci si rinnova mai… .

Spunti di CHIARA GIACCARDI, reinterpretati da me.

 

«…Nessun rapporto umano è autentico senza fedeltà e lealtà. Non si può amare solo finchè “conviene”; l’amore si manifesta proprio oltre la soglia del proprio tornaconto, quando si dona tutto senza riserve. Come afferma il Catechismo: “L’amore vuole essere definitivo. Non può essere “fino a nuovo ordine” (n.1646). La fedeltà è la caratteristica della relazione umana libera, matura, responsabile. Anche un amico si dimostra autentico perché resta tale in qualunque evenienza, altrimenti non è un amico. Cristo rivela l’amore autentico, Lui che vive dell’amore sconfinato del Padre, e in forza di questo è l’Amico fedele che ci accoglie anche quando sbagliamo e vuole sempre il nostro bene, anche quando non lo meritiamo. L’essere umano ha bisogno di essere amato senza condizioni e chi non riceve questa accoglienza porta in sé una certa incompletezza, spesso senza saperlo. Il cuore umano cerca di riempire questo vuoto con dei surrogati, accettando compromessi e mediocrità che dell’amore hanno solo un vago sapore. Il rischio è quello di chiamare “amore” delle relazioni acerbe e immature, con l’illusione di trovare luce di vita in qualcosa che, nel migliore dei casi, ne è solo un riflesso…».

Papa Francesco, Udienza generale del 24 ottobre 2018

 

«Dio è nelle vicinanze. Esattamente come una mamma che non resta sempre presso il suo bambino, ma deponendolo dopo la poppata, pian piano lo abitua a stare solo, preparandolo allo svezzamento. Ella rimane comunque nelle vicinanze (in cucina? In un’altra stanza?), pronta alla chiamata del piccolo; tuttavia il bambino la percepisce assente e considera interminabile il breve momento tra il grido, le lacrime e l’arrivo della madre. Urlando e piangendo, il bimbo lamenta il suo abbandono, ma quando “incuorerà” che la mamma è nelle vicinanze, ne sarà “rincuorato”, riuscendo a stare nella solitudine. La “conversione” richiesta dal Signore è l’impegno a lasciar guarire il cuore, non dando ragione al senso di abbandono, strada aperta a manie e malinconie, cause di cattiverie di ogni specie. Ma per guarire il cuore, Dio non si comporta come un genitore ansioso che il bimbo riesce a trattenere al proprio fianco, quale garante di continua, totale pienezza. Infatti, similmente ad una mamma sicura del proprio amore, Dio resta nelle vicinanze; non satura il senso di mancanza, semmai lo accende e consente di abitarlo».

G.C.PAGAZZI, Chi ci separerà? Senso di abbandono e consolazione, San Paolo 2023, p.104

 

3. SPUNTI PER LA REVISIONE DI VITA

 La storia di Rut ci interpella a rispondere in modo intelligente al fenomeno delle immigrazioni: guardiamo all’esperienza delle nostre comunità, sempre più ricche di presenze femminili di origine straniera, riconoscendo segni positivi e fragilità nella sfida dell’inclusione e convivenza tra etnie e culture diverse…
 La forza di Noemi è riconoscibile nella sua grande capacità di vivere l’amore con libertà, non trattenendo a sé, ma lasciando andare le persone amate, permettendo loro di intraprendere in piena libertà la propria strada… Verifico la modalità con cui vivo il/i “ruoli” che mi sono affidati (nella comunità o nella pastorale) e la mia capacità di “generare” (=maternità spirituale) in piena libertà…
 Rut, giovane vedova, sceglie come nuova via di realizzazione personale la dedizione totale alla suocera nella forma dell’amicizia fedele e fraterna. Noemi con cui viveva per via del matrimonio, nel tempo le è diventata cara e ha imparato ad amarla come una sorella.

Anche noi, per via della nostra vocazione, ci siamo trovate a convivere con donne non scelte: ci sono diventate care come sorelle? Possiamo contare su rapporti di amicizia fedele come quello di Rut dentro e fuori le nostre comunità? Quanto gli altri possono contare su di noi?
 Rut crede talmente nella potenza dell’amore da fare una scelta assolutamente innovativa e controcorrente; accetta la sfida di “oltrepassare il confine”, aprendosi a nuove possibilità. Chi ama non teme: è aperto al diverso, è disposto a compromettersi con l’altro, fiducioso nella sua umanità. Quanto siamo capaci di investirci in relazioni nuove che possono destabilizzarci e chiederci di rimetterci in gioco, confidando nella forza dell’amore più che dell’affidabilità dell’altro?
 Nel figlio “Obed”/servo c’è tutta la forza della madre Rut che si fatta “serva” di Noemi, e, tramite lei, “serva del Signore”, divenendo protagonista della storia di salvezza messianica. Come i “servi inutili” del vangelo (cfr. Lc 17,10), Rut non cerca protagonismo, visibilità e riconoscimenti, ma agisce solo in nome dell’altro (= Noemi), perché sia lui/lei a risplendere. E’ questo il nostro modo di essere “servi” di Dio e degli altri? Siamo capaci di fare sempre un passo indietro a favore dell’altro?
 Noemi affida le nuore alla bontà di Dio, ma si sente completamente abbandonata da Dio, tanto da rifiutare il suo nome (=Mia dolcezza). Il senso di abbandono che in certi momenti attanaglia anche noi rientra nello stile pedagogico di Dio dell’”andirivieni”, il quale non abbandona mai del tutto, ma solo quel tanto che serve per rafforzare la nostra capacità di relazione. Ogni autentica relazione infatti sa accettare il distacco e l’alterità, senza perdere fiducia nell’altro. Sappiamo vivere così le nostre relazioni e soprattutto la relazione con Dio? Sappiamo attraversare il momento dell’abbandono di Dio, attendendo con fiducia la sua consolazione? Sappiamo essere strumenti della consolazione di Dio, aiutando le persone a non perdere la speranza nei momenti di abbandono?